Quando si parla di tribal marketing, si parla di Ducati. Per rilanciarsi dalle disgrazie passate, l’azienda ha scommesso tutto sulla tribù, designando fin dall’inizio non un marketing manager ma un tribe director. Non avendo la possibilità di strategie comunicative rivolte al grande pubblico, perché troppo care, Ducati ha puntato sul tam tam della tribù e su un insieme di eventi che le hanno permesso di costruire una tribù virtuale (12 milioni di visitatori all’anno sul sito Ducati.com) intorno ad una tribù reale di dimensioni ben più modeste. Oggi esistono nel mondo 600 club di appassionati Ducati, tutti diversi tra loro: si va di “neo-fascisti” di Roma ai “gay di San Francisco”. Si tratta dei Desmo Owners Club, i DOC, una vera e propria tribù che fa della passione rossa la propria bandiera. Hanno tutti il diritto di crearsi le proprie t-shirt Ducati e la rete dà loro la possibilità di incontrarsi. Ma non finisce qui: l’appassionato Ducati può infatti anche visitare la fabbrica nei pressi di Bologna, dove può avere accesso a qualsiasi zona, la fabbrica è stata infatti trasformata in un vero e proprio luogo di culto. L’appassionato può contare infine sulla grande vicinanza dei membri del personale, anche loro fanno parte della tribù. Per i vari Gran Premi, e soprattutto per quello italiano, Ducati riserva agli appassionati 4000 posti, 600 dei quali sono occupati da dipendenti Ducati. In genere quindi i capi-tribù sono gli impiegati Ducati ma tutti i dipendenti – anche gli ingegneri – sono degli appassionati.
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