La giornata si presentava serenissima e liberissima da impegni... Ottimo: *turista mode ON*!
Prendo in mano la praticissima guida alla città che mi sono comprata e spulcio tra le pagine cercando nuove mete da visitare (da quando la mia best friend vive lì ogni scusa è buona per dirottare qualche presumibilmente noioso weekend a Londra; quindi sono già riuscita a visitare buona parte di ciò che mi hanno indicato come “must”), trovo i Kensington Gardens: l’ultimo giardino reale che deve ancora essere spuntato nella mia lista “cose da vedere a Londra prima di morire” (ebbene sì, incredibilmente ne ho stilata una).
Una volta giunta a destinazione noto con grande meraviglia/curiosità/felicità la presenza, all’interno del parco, di un’esposizione gratuita di alcune opere dell’artista indiano Anish Kapoor intitolata “Turning the world upside down”.
Io e la mia fida fotocamera iniziamo felici il percorso consigliato alla scoperta di queste insolite installazioni: enormi specchi concavi che riflettono i differenti colori della natura e i moods del cambio delle stagioni e di quanto le circonda: il cielo, gli alberi, lo stagno e i cigni e persino gli avventori della mostra. A dispetto della loro monumentalità queste opere sembrano esistere essenzialmente attraverso il riflesso di quanto le circonda (ok, lo ammetto, questa l’ho copiata dal volantino).
Personalmente ho trovato fenomenali soprattutto gli Sky Mirror: sembra che un ufo sia atterrato nel centro di Londra portando con sé una diversa prospettiva del nostro pianeta e della sua atmosfera.
Le persone sostavano affascinate davanti a queste opere giganti, scattando improbabili foto e voltandosi alle proprie spalle o alzando il naso per vedere quale fosse la vera natura di quanto vedevano riflesso.
Angolo culturale: Jean-François Revel diceva che “l'arte consiste nel rappresentare ciò che non esiste”; dopo questa esperienza mi permetto di apportare una piccola modifica: l’arte, a volte, consiste nel trovare un modo nuovo per rappresentare ciò che già esiste ma che fino a poco prima, chissà perché, non ci stupiva ed emozionava più.
Prendo in mano la praticissima guida alla città che mi sono comprata e spulcio tra le pagine cercando nuove mete da visitare (da quando la mia best friend vive lì ogni scusa è buona per dirottare qualche presumibilmente noioso weekend a Londra; quindi sono già riuscita a visitare buona parte di ciò che mi hanno indicato come “must”), trovo i Kensington Gardens: l’ultimo giardino reale che deve ancora essere spuntato nella mia lista “cose da vedere a Londra prima di morire” (ebbene sì, incredibilmente ne ho stilata una).
Una volta giunta a destinazione noto con grande meraviglia/curiosità/felicità la presenza, all’interno del parco, di un’esposizione gratuita di alcune opere dell’artista indiano Anish Kapoor intitolata “Turning the world upside down”.
Io e la mia fida fotocamera iniziamo felici il percorso consigliato alla scoperta di queste insolite installazioni: enormi specchi concavi che riflettono i differenti colori della natura e i moods del cambio delle stagioni e di quanto le circonda: il cielo, gli alberi, lo stagno e i cigni e persino gli avventori della mostra. A dispetto della loro monumentalità queste opere sembrano esistere essenzialmente attraverso il riflesso di quanto le circonda (ok, lo ammetto, questa l’ho copiata dal volantino).
Personalmente ho trovato fenomenali soprattutto gli Sky Mirror: sembra che un ufo sia atterrato nel centro di Londra portando con sé una diversa prospettiva del nostro pianeta e della sua atmosfera.
Le persone sostavano affascinate davanti a queste opere giganti, scattando improbabili foto e voltandosi alle proprie spalle o alzando il naso per vedere quale fosse la vera natura di quanto vedevano riflesso.
Angolo culturale: Jean-François Revel diceva che “l'arte consiste nel rappresentare ciò che non esiste”; dopo questa esperienza mi permetto di apportare una piccola modifica: l’arte, a volte, consiste nel trovare un modo nuovo per rappresentare ciò che già esiste ma che fino a poco prima, chissà perché, non ci stupiva ed emozionava più.
Denise Ciotti