Leggiamo su Event report:
“L’Italia è il secondo brand per numero di ricerche effettuate su Google nel mondo, preceduto soltanto da Coca-Cola. E in qualità di destinazione turistica, soltanto Stati Uniti e Cina possono vantare un numero di ricerche più elevato”. A fornire questi dati è stato Carlo D’Asaro Biondo, presidente delle operazioni Google in Europa, Medio Oriente e Africa, collegato in videoconferenza da Dublino giovedì scorso in occasione della presentazione in BIT del Piano strategico per lo sviluppo del turismo Italia 2020.
Il Piano è stato presentato dal ministro Piero Gnudi e dai consulenti che hanno contribuito alla sua redazione Massimo Bergami, dean dell’Alma Graduate School dell’Università di Bologna, e Nicola Pianon, managing director di Boston Consulting Group; gli interventi hanno sottolineato che il digitale ha un ruolo determinante per riposizionare, promuovere e commercializzare il prodotto Italia ed è uno degli ambiti su cui si concentra l’attenzione delle 61 azioni indicate dal documento come necessarie per restituite competitività all’industria turistica italiana.
“I siti italiani di turismo hanno 216 milioni di visitatori unici l’anno” ha detto quindi D’Asaro Biondo. “Il numero è in crescita del 16%, ma è tuttavia ancora relativamente basso rispetto ad altre destinazioni. Oggi le ricerche su internet legate al turismo si sono moltiplicate esponenzialmente, grazie anche ai dispositivi mobili, smartphone in primis: i siti di alberghi e i siti che raccontano un luogo o una destinazione e che ne spiegano i contenuti sono fondamentali”.
Qui il link che porta all’articolo
(Costiera amalfitana da “Fotoeweb”)
Purtroppo, come si legge andando a cercare con cura anche nel web, nessuno dei vari schieramenti politici che si presentano alle elezioni contempla nei propri programmi incentivi, punti, proposte che qualifichino e rilancino il turismo nel nostro paese. Che significherebbe sviluppo per mercati collegati, dall’agroalimentare, al commercio, ai servizi.
Sconfortante, no?
sabato 23 febbraio 2013
mercoledì 20 febbraio 2013
ARTE PURA
In ciascuno di noi c’è un artista. Tutti hanno bisogno di esprimersi creativamente. Daniela ha certo sentito questa esigenza, come molti, quando il suo lavoro in azienda la costringeva a muoversi tra contratti di lavoro e arida contabilità. Ed ecco, una volta in cucina, la trasformazione. Ecco uscire dalle sue mani fatate (questo sicuramente hanno pensato i suoi bambini, uno dei quali, crescendo ha manifestato lo stesso amore per la cucina) animali, torri d’avorio, fantasmini e castelli da fiaba: torte e dolci che sono degli autentici capolavori. Torte che non si ha il coraggio di intaccare con un coltello da dolce, quasi fossero delle creature vive.
E oggi, per il suo compleanno, Daniela si è confezionata questa torta meravigliosa, arrivata virtualmente in agenzia a mezzo dell’ I phone di sua sorella Isabella (Account e confezionatrice di deliziosi biscotti natalizi ma – diciamo la verità – non c’è storia…).
A Daniela i nostri complimenti SPERTICATI e i nostri AUGURI più cari!
Lo staff SS&C
E oggi, per il suo compleanno, Daniela si è confezionata questa torta meravigliosa, arrivata virtualmente in agenzia a mezzo dell’ I phone di sua sorella Isabella (Account e confezionatrice di deliziosi biscotti natalizi ma – diciamo la verità – non c’è storia…).
A Daniela i nostri complimenti SPERTICATI e i nostri AUGURI più cari!
Lo staff SS&C
lunedì 18 febbraio 2013
Elezioni, vuoti gli spazi delle affissioni
Leggiamo da “You reporter”
Dal sedile del taxi si nota una cosa mai vista prima.
A meno di una settimana dalle elezioni, ci sono spazi vuoti ovunque in città dove si possono affiggere manifesti elettorali.
Se consideriamo che i signori della casta politica non pagano neanche l’imposta comunale sulle affissioni (i privati pagano eccome) pubblicitarie delle campagne elettorali, significa che anche la casta è in "difficoltà"...
A meno di una settimana dalle elezioni, ci sono spazi vuoti ovunque in città dove si possono affiggere manifesti elettorali.
Se consideriamo che i signori della casta politica non pagano neanche l’imposta comunale sulle affissioni (i privati pagano eccome) pubblicitarie delle campagne elettorali, significa che anche la casta è in "difficoltà"...
Da “Ttnews24”
Mancano 20 giorni alla fine della campagna elettorale e, al di là dei
dibattiti in tv, nessuno se n’è ancora accorto. Pochissimi, quasi
nessuno, i big arrivati sul territorio ma a sorpresa spazi di pubblica
affissione completamente vuoti. Nella storia recente del paese non si ricorda
una tale paradossale situazione dalla quale sembra quasi che i partiti siano talmente poco interessati ai cittadini
da non chiedere più neanche il voto attraverso i manifesti.
Da cosa deriva tutto questo? Semplice. Da una legge elettorale che ha
tolto ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti con la sola
populistica possibilità di optare quel un partito
e da partiti che nonostante sia
siano rinnovati in vario modo sono oggi come mai distanti dai cittadini e dalle
loro esigenze.
e da “Politica in penisola”
Campagna
elettorale: finita l’epoca delle “lotte per i manifesti”.
A rimpiangere le vecchie campagne elettorali sono
soprattutto le tipografie che in tempo di elezioni stampavano senza soste ogni
tipo di materiale: manifesti, santini, volantini, fac-simile, brochure e tutto
quanto altro i candidati utilizzavano per promuoversi presso gli elettori e
mantenere vivo il ricordo del partito,
del nome, della scheda di voto.
Questa
mattina, l’ineffabile Marco Presta, dal Ruggito
del Coniglio su Rai2, parlando proprio di questa insolita situazione
ha declamato
“CCA’ NISCIUNO E’ AFFISSO” citando inconsapevole una nostra campagna realizzata negli anni 90 per una società di controllo delle affissioni.
“CCA’ NISCIUNO E’ AFFISSO” citando inconsapevole una nostra campagna realizzata negli anni 90 per una società di controllo delle affissioni.
Eccola
qui, vent’anni e non li dimostra.
mercoledì 16 gennaio 2013
AIRP: Vogliamo che tutte le passioni possano diventare grandi.
SS&C sostiene AIRP nella lotta al rene policistico, realizzandone la nuova campagna di comunicazione.
I protagonisti della campagna - che ha ottenuto il patrocinio di Pubblicità Progresso - sono i bambini che, immaginando di rispondere alla domanda “Cosa farai da grande?”, raccontano le loro aspirazioni. AIRP vuole che tutti i bambini, anche quelli malati, possano realizzarle.
Lo spot tv è già visibile online ed è stato trasmesso su varie reti locali e nazionali (tra cui LA7 e Mediaset). In questi giorni è in onda sulle reti RAI, mentre da metà mese sarà presente su Sky. Oltre allo spot, è possibile vedere online anche il backstage dello stesso.
Tra novembre e dicembre le principali emittenti nazionali (Radio Capital, Radio101, Radio KissKiss, Radio Deejay, RTL, Radio 105, RMC e Virgin Radio) hanno trasmesso lo spot radio, mentre la campagna stampa è stata pubblicata su varie testate del gruppo Mondadori (Grazia, CasaViva, Confidenze) e di Cairo Editore, oltre che su il Giornale e Il Messaggero.
Infine, anche il sito web è stato rinnovato nel layout, con landing page e banner, pubblicato anche su Libero.it e sulla newsletter Youmark.
I protagonisti della campagna - che ha ottenuto il patrocinio di Pubblicità Progresso - sono i bambini che, immaginando di rispondere alla domanda “Cosa farai da grande?”, raccontano le loro aspirazioni. AIRP vuole che tutti i bambini, anche quelli malati, possano realizzarle.
Lo spot tv è già visibile online ed è stato trasmesso su varie reti locali e nazionali (tra cui LA7 e Mediaset). In questi giorni è in onda sulle reti RAI, mentre da metà mese sarà presente su Sky. Oltre allo spot, è possibile vedere online anche il backstage dello stesso.
Tra novembre e dicembre le principali emittenti nazionali (Radio Capital, Radio101, Radio KissKiss, Radio Deejay, RTL, Radio 105, RMC e Virgin Radio) hanno trasmesso lo spot radio, mentre la campagna stampa è stata pubblicata su varie testate del gruppo Mondadori (Grazia, CasaViva, Confidenze) e di Cairo Editore, oltre che su il Giornale e Il Messaggero.
Infine, anche il sito web è stato rinnovato nel layout, con landing page e banner, pubblicato anche su Libero.it e sulla newsletter Youmark.
In ricordo di Aaron Swartz
Ci sono vite che rendono il mondo un posto migliore, e morti che lo condannano, almeno per un po', a fare i conti con i propri limiti. È il caso di Aaron Swartz, suicidatosi a soli 26 anni, nella sua casa di Brooklyn a New York. A portare il paladino della libertà di informazione, o meglio del libero accesso alle informazioni, è stata una terribile combinazione di bullismo governativo e depressione. (Wired.it)
Difficile la lotta per la libertà. Soprattutto nei territori nuovi, quelli ove si costruiscono le servitù o le schiavitù del futuro e non esistono ancora gli anticorpi sociali sufficienti per grandi battaglie politiche e civili. La morte di Aaron Swartz è una cartina di tornasole di questa difficoltà.
Forse, solo tra qualche decennio si comprenderà il senso di alcune battaglie di alcuni avanzati e inascoltati leader di oggi. Aaron è stato uno di loro. La grande trasformazione digitale, infatti, sta stravolgendo l’orizzonte umano. Pochi, però, ne hanno compreso i limiti e i pregi, le contraddizioni e le opportunità. Su questo confine si giocheranno molti dei diritti, delle evoluzioni sociali, delle condizioni di vita e di lavoro dei prossimi secoli. Troppo spesso, invece, la politica derubrica tale trasformazione in un ruolo secondario. Quello che accade “alla” rete sembra essere recintato, nell’immaginario della politica, alla rete stessa. La rete, al contrario, sta ridisegnando le forme della vita e delle relazioni, del lavoro e della stessa struttura cognitiva della nostra specie. In altre parole, rappresenta la più grande trasformazione “politica” della storia umana, interessando, contemporaneamente, tutte le comunità umane del pianeta, tutte le classi sociali, la stessa relazione tra la conoscenza e il fare umano, le relazioni tra i singoli individui, la realtà a disposizione per le nostre scelte e, in maniera fortissima come aveva potuto constatare Swartz, le nuove forme di dominio e di controllo.
Aaron, nel futuro, verrà ricordato come un grande politico. Certo, lontano dall’immaginario che esiste intorno a chi oggi si autodefinisce o viene definito politico. Aaron aveva posto, per il futuro umano nell’era digitale, uno dei temi centrali che hanno interessato la politica quando aveva la “P” maiuscola: il tema della proprietà. Di chi è la proprietà di una ricerca, di un sapere, di una modalità di fare, delle leggi della fisica, delle potenzialità tecniche. Il digitale, infatti, pone nuove e più avanzate questioni al concetto di proprietà privata.
Intorno a questo tema, il movimento alternativo nella rete ha avanzato proposte e pratiche di nuove forme di proprietà condivise, proposte che stanno stravolgendo le regole e i poteri non solo nei settori della produzione intellettuale, dei contenuti culturali e di intrattenimento, ma che sono arrivate al cuore della stessa produzione industriale.
Ricordare Aaron, oggi, significa prendere un impegno preciso: tenere aperto un varco culturale e politico per impedire che le questioni delle nuove libertà siano derubricate a mera questione commerciale tra grandi gruppi o di sicurezza nazionale con attività di controspionaggio. Il nostro futuro dipende soprattutto da questo. (post di Sergio Bellucci da Wordpress).
Difficile la lotta per la libertà. Soprattutto nei territori nuovi, quelli ove si costruiscono le servitù o le schiavitù del futuro e non esistono ancora gli anticorpi sociali sufficienti per grandi battaglie politiche e civili. La morte di Aaron Swartz è una cartina di tornasole di questa difficoltà.
Forse, solo tra qualche decennio si comprenderà il senso di alcune battaglie di alcuni avanzati e inascoltati leader di oggi. Aaron è stato uno di loro. La grande trasformazione digitale, infatti, sta stravolgendo l’orizzonte umano. Pochi, però, ne hanno compreso i limiti e i pregi, le contraddizioni e le opportunità. Su questo confine si giocheranno molti dei diritti, delle evoluzioni sociali, delle condizioni di vita e di lavoro dei prossimi secoli. Troppo spesso, invece, la politica derubrica tale trasformazione in un ruolo secondario. Quello che accade “alla” rete sembra essere recintato, nell’immaginario della politica, alla rete stessa. La rete, al contrario, sta ridisegnando le forme della vita e delle relazioni, del lavoro e della stessa struttura cognitiva della nostra specie. In altre parole, rappresenta la più grande trasformazione “politica” della storia umana, interessando, contemporaneamente, tutte le comunità umane del pianeta, tutte le classi sociali, la stessa relazione tra la conoscenza e il fare umano, le relazioni tra i singoli individui, la realtà a disposizione per le nostre scelte e, in maniera fortissima come aveva potuto constatare Swartz, le nuove forme di dominio e di controllo.
Aaron, nel futuro, verrà ricordato come un grande politico. Certo, lontano dall’immaginario che esiste intorno a chi oggi si autodefinisce o viene definito politico. Aaron aveva posto, per il futuro umano nell’era digitale, uno dei temi centrali che hanno interessato la politica quando aveva la “P” maiuscola: il tema della proprietà. Di chi è la proprietà di una ricerca, di un sapere, di una modalità di fare, delle leggi della fisica, delle potenzialità tecniche. Il digitale, infatti, pone nuove e più avanzate questioni al concetto di proprietà privata.
Intorno a questo tema, il movimento alternativo nella rete ha avanzato proposte e pratiche di nuove forme di proprietà condivise, proposte che stanno stravolgendo le regole e i poteri non solo nei settori della produzione intellettuale, dei contenuti culturali e di intrattenimento, ma che sono arrivate al cuore della stessa produzione industriale.
Ricordare Aaron, oggi, significa prendere un impegno preciso: tenere aperto un varco culturale e politico per impedire che le questioni delle nuove libertà siano derubricate a mera questione commerciale tra grandi gruppi o di sicurezza nazionale con attività di controspionaggio. Il nostro futuro dipende soprattutto da questo. (post di Sergio Bellucci da Wordpress).
venerdì 28 dicembre 2012
BUON ANNO DA SS&C.
Per incominciare bene un anno che si prospetta difficile; ma con l’augurio
che tenacia e impegno siano i vostri compagni di viaggio, ecco un bellissimo
articolo dal blog di Imma Vitelli su MarieClaire.it.
CAMBIARE VITA
Cronache
baldanzose di vite diverse di Imma Vitelli
Hugh e Sophie si conobbero a Damasco. La rivoluzione non
aveva ancora travolto la dittatura, e la vita era esotica tra i vicoli della
vecchia Medina. Sophie amava trascorrere i pomeriggi a leggere nel cortile
della moschea Ummayide; Hugh a bere il tè nel suo con i mercanti. Studiava
arabo e lo praticava esercitandosi nei mufawadat, i mercanteggiamenti. Gli dava
gusto sapere di quanto, se avesse comprato, lo avrebbero fregato. Erano
arrivati con vaghi sogni di gloria, lei da Parigi, lui da Londra, alla ricerca
di emozioni e collaborazioni con giornali. Vennero. La fortuna è un mix di
ossessione e tempismo; essere appassionati nel posto giusto, in un qualche
momento fatale. Loro lo erano. Una sera vagarono per ore senza dire una parola,
i loro passi risuonarono, sazi, fino alla cima del monte Qasiyun. Sophie pensò
che quello era l’amore: un uomo disponibile all’esplorazione, felice di
avanzare in un’incerta direzione. «Life is a working in progress», pensava
Sophie. La vita è un cantiere.
Hugh andò in guerra, in Iraq e in Libano e la sua firma comparve sul
Guardian e sul Times di Londra. Sophie girò documentari e s’innamorò
dell’incredibile arte calligrafa degli arabi. Poi venne la guerra. I posti di
blocco, l’ansia, “gli eventi”, le crisi, i massacri. Girarono un documentario
sugli artisti siriani; una rappresentazione satirica di come sia possibile
resistere con la cultura. Si trasferirono a Beirut, e regalarono vestiti ai
profughi, in trappola e all’addiaccio, nella valle della Bekaa. Essendo
intelligenti, si fecero domande. «Che cosa voglio?» si chiese Hugh. «Che cosa
conta?» s’interrogò Sophie. La gloria, in giornalismo, l’assicura la guerra.
Prime pagine, copertine, lo spettacolo dell’orrore che si ripete, senza fine.
Hugh si disse che non gliene importava niente, della fama. Aveva dimostrato a
se stesso, e a suo padre, di valere qualcosa. E ora? Sophie rispose che, dopo
aver sperimentato la follia degli uomini, sarebbe stato bello dedicarsi alla
natura. Ma che paura. Ricominciare. Di nuovo? Le crisi, tutte le crisi, epocali
o triviali che siano, ci pongono davanti a un muro. Hugh e Sophie avrebbero
potuto scegliere, per inerzia, di fare della loro vita il corollario di una
tragedia continua. Li abbiamo visti i colleghi anziani, ubriacarsi con metodo,
tutte le sere, al bar del Saint George Hotel.
L’altro giorno ho ricevuto una mail di Hugh. Il titolo era: «Vendo il mio
giubbotto antiproiettile». Cliccavo, incuriosita e leggevo, nella prima riga:
nel 2013 da Beirut a Galle, Guest House sul mare dentro un faro in Sri
Lanka. Bello no? E guardate che sono persone normali. Forse solo un
po’ più coraggiose, e un po’ più sane. Vi auguro la stessa intrepidezza, la
stessa sanità mentale.
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